Skip to main content

Dopo la faticosa e lenta ripresa da questa pandemia che, lo ricordiamo, non è ancora conclusa, apprendere di una guerra nel cuore dell’Europa lascia completamente destabilizzati.

Più volte questo magazine ha affrontato, dal proprio punto di vista specifico, questioni apparentemente “fuori orbita”, per poi far comprendere che, come quel famoso battito d’ali dall’altra parte del mondo, ogni azione o quasi ha conseguenze su gran parte dell’esistenza umana, non ultima quella tecnologica.

Il tema è ovviamente quello della sicurezza informatica e dei cyber attacchi, una frontiera di guerra non può inedita ma che oggi, nel 2022, ha assunto dimensioni importanti e pericolosissime, quasi paragonabili, per i danni potenziali, a quella delle bombe.

L’Ucraina è stata in questo senso addirittura campo di esperimenti per gli hacker russi che l’hanno resa uno dei paesi meno sicuri a livello di sicurezza informatica e gli attacchi, stando a numerose fonti, proseguono ancora in questi intensi giorni di crisi.

Minare la sovranità di uno stato comporta conseguenze evidenti, come le sanzioni della comunità internazionale allo stato aggressore, ma intaccarne la “sovranità digitale” costa relativamente meno fatica e soprattutto spesso resta letteralmente impunito per mancanza di colpevoli chiaramente individuabili, sebbene i danni siano enormi, basti pensare alla violazione dei database con i dati sensibili dei cittadini o la possibilità di inibire l’accesso ai sistemi di difesa, alle comunicazioni, al sistema bancario. Un vero e proprio attacco dall’interno in grado di destabilizzare a tal punto un Paese da renderlo conquistabile riducendo al minimo l’impegno bellico vero e proprio.

L’attacco informatico verso le infrastrutture di uno Stato non è di certo facilmente arginabile se non vengono investite risorse adeguate per tempo, ed è per questo che dalle pagine di questo magazine, non passa settimana che non venga dedicata alla sicurezza in tutte le sue forme.

Non siamo paranoici, siamo soltanto realisti e i fatti, purtroppo, ci danno quasi sempre ragione.

Pensiamo per tempo a tutelarci e a fare tutto quello che è nelle nostre possibilità, sia a livello privato sia, anche grazie ai fondi europei e al PNRR, a livello istituzionale.

Mai, come in questo caso, prevenire è davvero meglio che curare.