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In un magazine come il nostro, dove scienza e tecnologia vanno a braccetto e dove non c’è apparentemente spazio per i sentimenti, parlare di paura sembrerebbe un controsenso.

In realtà, partendo dalla vicenda legata al vaccino Astra Zeneca, è quanto mai evidente come le scelte degli esseri umani, ad ogni livello, siano in realtà dettate dal sentimento più diffuso, figlio dell’evoluzione e in grado, per milioni di anni, di salvarci la vita: parliamo, ovviamente, della paura.

Di fronte all’irrazionale ipotesi, remota se non remotissima, di perdere la vita, la nostra o quella degli affetti più cari, oppure in certi casi anche di vedere intaccato il nostro patrimonio, cade nella maggioranza dei casi qualunque buon senso, qualsiasi intenzione sana o costruttiva.

Prevale cioè il primordiale e “animalesco” istinto di conservazione.

Medici, matematici, scienziati in generale si sono sbracciati in questi giorni nel dimostrare, con qualunque calcolo alla mano, la sicurezza del vaccino Astra Zeneca e in generale di tutti i vaccini, mettendo a confronto invece il tasso di mortalità del Covid, non tra i più alti della storia dei virus mondiali ma certamente più alto di quello riportato dai vaccini (cosa ovvia, vista l’assenza ad oggi di decessi correlati certificati).  Eppure, inspiegabilmente, non soltanto si è alimentata la convinzione che il vaccino Astra Zeneca sia la causa di qualunque male, anche di incidenti all’uscita degli ambulatori se possibile grazie ad alcuni articoli di stampa più vergognosi che ridicoli, ma addirittura l’avvio di numerose inchieste giudiziarie ha costretto alla improvvisa sospensione delle inoculazioni, un atto dovuto ma che ha rallentato l’intera campagna di vaccinazione di massa.

Non entreremo in questa sede nel dettaglio delle analisi effettuate, sia dall’EMA sia da tutti gli altri enti e dalle stesse aziende farmaceutiche, i dati li potete facilmente trovare cercandoli sul web, e neppure criticheremo la scelta di sospendere l’inoculazione del vaccino in via precauzionale, indice che comunque la farmaco-vigilanza nel nostro Paese è talmente elevata da intervenire anche quando non ce ne sarebbe bisogno, quello che ci preme fare notare è che dare per scontato che le persone siano in grado di fare sempre le scelte più vantaggiose per loro è sbagliato, un errore sempre confermato nel tempo.

E gli esempi, in ogni campo, sono numerosi, basti pensare ai fumatori, ai bevitori o ai consumatori di droghe, certamente consci del pericolo che corrono ma ben lungi dall’effettuare l’unica scelta migliore per loro, ossia smettere; in caso di un grave scompenso però, al subentro della paura per la propria sorte, ecco che invece l’istinto di conservazione interviene e provvede, spesso troppo tardi, a fargli cambiare idea.

Anche in ambito digitale succede la stessa cosa, se pensiamo ad esempio ai backup che privati e aziende ritengono il più delle volte di secondaria importanza, sbagliando; al primo problema serio però, quando ormai il danno è fatto, ecco che la paura di perdere ulteriori dati provvede a porre tardivo rimedio alle precedenti scelte sbagliate.

Tuttavia come abbiamo visto non sempre la paura ci fa prendere le giuste decisioni e a volte, come nel caso del Covid, quando ce ne rendiamo conto può davvero essere tardi: da un letto di terapia intensiva o da una bara, purtroppo, è ormai impossibile farsi inoculare il vaccino che invece avrebbe impedito tutto questo.

L’invito ad affrontare la valanga di informazioni su questi temi sensibili con tutte le precauzioni del caso, rivolto sia ai cittadini sia soprattutto agli operatori dell’informazione, sappiamo già che cadrà nel vuoto, ma è comunque nostro dovere farlo.

Torneremo già dal prossimo articolo a parlare di tecnologia, privacy e opportunità di business per le aziende, ma oggi era giusto prendere una posizione, l’unica possibile e quindi, con tutta probabilità, quella più inascoltata.

Giovanni Polito